CREATURES
I.
Nothing more fragile, nothing more simple:
time gets lost if I believe we’ll have time
to count all the forms of happiness.
On the screen I follow pictures of the ocean: it divides us,
it’s cold, at every veering of birds
your body and mine might be transformed.
Tonight the ocean touched your belly because you dreamed it,
a strange Europe caressed my back.
I press my face, the shape of your face
two hemispheres.
II.
Creatures, traces of fire.
On the wall you made the first marks.
I thought you a braid in the flame
that opens violet, falls layer by layer.
We pass through time like icons on the painting’s
timeless background: creatures
who cannot say
they conquer you.
TO KNOW HOW TO APPROACH
To know how to approach.
How we see the riddle of distance
from here to where the places we’ve lived thicken.
I summon the islands of heather and ice
the Atlantic dawn
a plane in ascent
hard verses of gulls like fine chains.
To seek nudity. Farther South
the cliffs open to a broad plain
and the animals are unmoving
a concert shrouds itself:
you thought them two-toned,
finding in some nook of your tongue
sour apple, red berries,
the prairie pressed by fog
bogged in its movement.
To look out on the sea
from above, repeat the vertigo
of the plain’s base
in counterweight.
I gazed out and the space was ampler
a parched sundial of capers and lava
stretched to limestone, dorsal heaths.
Maybe the men down there on Europe
watched me. Maybe I ask
are they entwined in the places I saw
in a single brief how to say
what are my meager years
through the clash of South and North.
Every place has to do with others.
I place each with no ancestry.
I offer scent, I receive damp and arid.
They bathe or kill us.
You were at the highest point of the cliff
in the sharp, lunar wind.
You who live in them now, approach each other.
I look out, jump—
from rock to rock over the remains.
EXPOSED 1
The present is damp green, the mouth of Bilbao
like a vein where everyone’s feelings seep in.
Experience shifts and plateaus: the reprise of the car in the rain,
what we tend out of passion filed away—like who observes
the forest, who on video robs years of their architecture,
who sketches the child exposed atop his young mother.
The sex of Larroque’s infant is ruddy and nude,
but it could be a blinding web
—art still insists on nature—and for nature’s sake
we seek things naked as mothers see them.
In front of the Guggenheim’s metal facade a towering dog of flowers
is a nameless statue, exhibited, encircled. High on a wall
the edge gathers grass and with it the video
in another space—a scene now established, now displayed,
hardens. Every infant Christ smiled…
Among the wooden statues of the Basque medieval
it’s like a word misunderstood, a siege.
◆
CREATURE
I.
Nulla più fragile, nulla più facile:
il tempo si perde se credo che avremo tempo
per contare tutte le forme di felicità.
Sullo schermo seguo l’immagine dell’oceano: ci separa
è freddo, ad ogni virata degli uccelli
il tuo corpo e il mio possono trasformarsi.
L’oceano stanotte ti ha toccato la pancia perchè l’hai sognato,
una strana Europa mi ha accarezzato la schiena.
Premo la faccia, la figura della tua faccia
due emisferi.
II.
Creature, tracce del fuoco.
Sul muro segnavi le prime lettere.
Ti ho pensato una treccia nella fiamma
si apre viola, cade strato dopo strato.
Attraverseremo il tempo come le icone sopra il fondo
senza tempo del quadro: creature
che non si possono dire
che ti vincono.
SAPERSI AVVICINARE
Sapersi avvicinare.
Cosí vediamo l’enigma della distanza
dal posto in cui si addensano i luoghi che ci hanno abitato.
Inizio chiamando le isole di erica e ghiaccio
l’alba atlantica
un aereo al decollo
versi duri di gabbiani come sottili catene.
Chiedete nudità. Le scogliere si aprono
più a sud in un prato piatto
e gli animali sono immobili
una sinfonia che si avvolge su se stessa:
pensavi alla loro bicromia
trovando in qualche angolo della lingua
mele acide, bacche rosse
la pianura premuta dalla nebbia
che si incastra nei movimenti.
Affacciati, dall’alto sul mare,
ripeti la vertigine
nel basso della pianura
in contrappeso.
Mi sono affacciata ed era spazio più ampio
una meridiana arsa di capperi e lava
tesa a lande calcaree, dorsali.
Gli uomini sdraiati sul fondo dell’Europa
forse mi hanno guardato, e chiedo
sarete intrecciati nei posti che ho visto
in uno solo breve come poter dire
cosa sono i miei anni minuscoli
attraverso lo scontro di sud e nord.
Ogni luogo appartiene ad altri.
Li appoggio senza genealogia,
gli do odore, ricevo umido e arido.
Ci bagnano o uccidono.
Eri nel punto più alto della scogliera
nel vento del nord affilato, lunare.
Voi li abitate adesso. Avvicinatevi.
Mi affaccio, salto –
da roccia a roccia sopra un resto.
ESPOSTI 1
Il presente è verde umido, la bocca di Bilbao e la sua vena
come quando i sentimenti in ognuno camminano filtrati.
L’esperienza ha tappe e arresto: la ripresa dell’auto nella pioggia,
quello a cui tendiamo per passione depositata – come chi osserva
il bosco, chi in un video toglie architettura agli anni, chi disegna
un bambino esposto sopra una madre giovane.
Il bambino di Llarroque ha il sesso nudo e rosa,
ma potrebbe essere una rete accecante
– l’arte insiste ancora sulla natura… – e per la natura
cerchiamo cose che siano esposte come le madri le pensano.
Davanti al Guggenheim di metallo un cane altissimo di fiori
è una statua anonima, esposta, in cerchio. L’estremo
su una parete altissima raccoglie l’erba e con quella il video
in un altro spazio – una scena che ora si consolida, ora si espone,
ora diventa dura. Ogni Cristo infante sorrideva…
Tra le statue lignee del medioevo basco
sembra una parola mal compresa, un assedio.